|
||||||||
"Il mio amore per l'opera è innato e viscerale, dunque canto a perdifiato in macchina tutto il repertorio belcantisico italiano fino a Verdi e Puccini..."
***
La regista del memorabile "Don Pasquale" messo in scena nel 2014 nel favoloso teatrino di Montecarlo, Stefania Panighini, è ancora molto giovane ma ha già nel suo bagaglio le messe in scena di molti titoli operistici in diversi teatri europei. Bella donna, moglie di un bravissimo tenore argentino, mamma della piccola Elena, persona di grande talento, di buon gusto e di profonde conoscenze, ha fatto di tutti questi elementi il fondamento del suo lavoro. In un momento in cui l’opera italiana vive un periodo difficile e nel mondo operistico spesso vengono messe in scena interpretazioni che sono assai lontane dalle intenzioni originali dei compositori, dal buon gusto, prive di una profonda conoscenza del materiale dell’opera, vedere i lavori di Stefania dà speranza. Vi presento con piacere una nostra conversazione con Stefania Panighini. Con un grande interesse continuo a seguire lei e il suo lavoro.
Marina: Stefania, racconta per favore un po’ di te. Dove sei nata? Dove hai studiato? Dove vivi? Stefania: Sono nata 35 anni fa in un paesino vicino Torino, che è la mia città: la adoro e qui mi sento davvero a casa! Ho fatto il liceo Classico, il Conservatorio e l'università in Musicologia proprio a Torino, mentre a Roma ho frequentato un anno di Accademia d'arte drammatica e a Bologna la Scuola dell'opera del Teatro Comunale. M: Hai studiato anche la musica? Per quale motivo hai deciso di diventare regista d’opera? S: Sin da piccolina ho frequentato molto la musica, ha sempre avuto un ruolo molto importante e non sapevo che mi avrebbe accompagnata per tutta la vita! Ho suonato la chitarra classica e il pianoforte per tutti i miei studi, poi ho preso qualche lezione di canto, ma ho capito subito che non era la mia strada. Sapevo che volevo fare del teatro la mia vita, ma non sapevo come, poi un giorno all'università ho letto di un corso di regia d'opera è tutto è iniziato!
M: Che differenza c’è tra la regia teatrale e quella del teatro lirico? Chi è il "regista d’opera"? Quali qualità deve avere? Cosa deve sapere e saper fare? S: La differenza sostanziale sta nella musica ovviamente... che è un linguaggio altro, che va letto e compreso, come tutti i linguaggi. Per questo motivo un regista che affronti un'opera lirica deve saper cogliere e intuire la musica, senza lasciarla in disparte come un personaggio secondario. M: Cosa ami del tuo mestiere? S: Amo del mio lavoro la creatività, il fatto che non c'è una routine, che si lavora in luoghi meravigliosi, che si conoscono molte persone, e che con esse si instaurano rapporti molto particolari, che è un lavoro che si trasforma spesso in giocare a essere qualcun altro. M: Per te, qual è l'aspetto più difficile del tuo lavoro? S: Il mio lavoro è in realtà molti lavori insieme e attraversa fasi e periodi diversi che possono avere anche la durata di un anno: la difficoltà durante tutto questo tempo è saper sognare, saper vedere quello che ancora non c'è! Bisogna osare, sfidare la propria immaginazione continuamente e vedere oltre la realtà. M: Come ti prepari per una nuova messa in scena? S: Studio molto: affronto l'opera studiandola e ascoltandola bene, poi lascio sedimentare i pensieri e mi documento sui periodi storici, gli usi e i costumi. Cerco di scavar in fondo, di trovare la verità della creazione e poi lavoro sulla drammaturgia, cercando un aspetto visivo a me congeniale per la messinscena. Quando il progetto delle scene e dei costumi è ultimato, viene il momento di concentrarsi sulla regia vera e propria: molto viene tracciato sullo spartito, ma lascio un buon margine all'improvvisazione e al lavoro di squadra con gli interpreti. Talvolta se le sinergie sono buone le cose vengono da sé. M: Dei tuoi spettacoli quali sono per te i più memorabili, e per quale motivo? S: "Don Pasquale" a Lucca perché è stata una sfida enorme in un posto minuscolo e "Rinaldo" a Tenerife, perché finalmente ho avuto la possibilità di un grande allestimento. M: Sai, Don Pasquale a Montecarlo è stato memorabile anche per me! Ho visto diversi spettacoli del Lucca Opera Festival ma questa tua messa in scena è una delle migliori, e di sicuro merita di essere portata nei teatri più grandi e famosi d'Italia. Il Teatro dei Rassicurati di Montecarlo è una perla. È molto particolare perché ha la scena e la sala molto piccole. In un certo senso è un teatro da camera. Hai dovuto affrontare qualche difficoltá per mettere in scena lo spettacolo in questo posto? S: Sì certo! Un palcoscenico così piccolo è sempre una sfida perché i cantanti devono muoversi molto (almeno nelle mie regie) e devono avere coscienza di uno spazio davvero ristretto. In particolare in quello spettacolo avevamo ulteriormente diviso lo spazio in due, ma al tempo stesso abbiamo eliminato tutte le quinte della struttura teatrale, lasciando il palcoscenico "nudo", allargando in qualche modo la visuale. M: E alla fine è venuto un gran bel lavoro! М: E del repertorio russo ti interessa qualcosa? S: Ah, guarda, amo Stravinsky moltissimo, Prokofiev, ma il problema resta la lingua... la comprensione profonda resta fondamentale. Ma chissà se mi capiterà puoi darmi una mano. M: Con tanto piacere! M: Credi che il regista debba capire e magari anche conoscere la lingua dell'opera che mette in scena? Per molti cantanti non è sempre cosí importante conoscere la lingua: imparano a memoria e cantano. Invece certi, come Jose Cura ad esempio, sono convinti che occorra conoscere bene la lingua, perché solo cosí capisci fino in fondo quello che canti. Per questo motivo lui non ha mai cantato Chaikovskiy. Per il canto, credo Cura abbia ragione. Per la regia, pensi sia la stessa cosa? S: Per la lingua penso che un regista se non conosce la lingua debba conoscere molto bene la traduzione parola per parola...tutto si puo fare, certo è molto difficile. A me è capitato di fare delle opere in tedesco, lingua che non parlo, e credo di non aver avuto la stessa empatia che ho avuto con opere di cui posso pienamente apprezzare il testo. M: In quale lingue leggi e parli? S: In italiano, francese, inglese e spagnolo. Vorrei tanto il tedesco ma non riesco a impararlo. È una lingua molto importante per il mio lavoro anche perché mi interessa il Mozart tedesco, L'olandese volante e alcune opere di Wagner, e Berg... M: Immagino che ora, da quando è nata Elena, hai pochissimo tempo ma ti chiedo lo stesso del tuo hobby. S: Diciamo che non mi resta molto tempo, ma l'altra cosa che mi piace fare nella vita è fotografare.. è un po' più di un hobby. Non è escluso che prima o poi io ne faccia un altro lavoro... M: Riusciresti a lasciare la regia per la fotografia? S: No lasciare no... ma diciamo che sono lavori abbastanza correlati... e a volte la solitudine e la lentezza della fotografia mi aiutano ad affrontare meglio la vita... fermare l'attimo, cogliere il bello, ricordare la vita... la fotografia è tutto questo! M: E il teatro? Qualche volta vai all’opera come ascoltatrice? Come trovi il teatro lirico di oggi? S: Quando vado all'opera da spettatrice sono una spettatrice molto difficile: non riesco più a guardare lo spettacolo senza filtri, e questo mi dispiace... il teatro lirico di oggi scalpita, la creatività tende a sgorgare da ogni lato, ma non ne ha i mezzi... c'è bisogno di una nuova politica culturale, almeno in italia, che ci permetta di far vivere degnamente questa stupenda arte! M: Quali teatri in Italia ora hanno la stagione operistica più o meno stabile? S: In Italia i teatri si dividono in fondazioni Lirico sinfoniche (12) come la Fenice di Venezia o il Regio di Torino e poi i Teatri di Tradizione come Modena o Trapani, esistono poi molti altri piccoli teatri che hanno piccole stagioni. M: Ci sono stati degli incontri con persone del teatro lirico che sono diventati importanti per te? S: Dunque al debutto del mio primo spettacolo (che era una "Mirra" di Alfieri al Festival AstiTeatro) c'erano Lamberto Puggelli ed Eugenio Giglielminetti... una sorta di battesimo del fuoco, ma con le loro impressioni e i loro appunti, ho cominciato a capire come funzionava il gioco del Teatro, il mio maestro Paolo Ciaffi Ricagno, docente di Regia al Conservatorio di Torino, e poi più recentemente Francesco Micheli e Rosetta Cucchi con cui lavoro come assistente e infine Alan Curtis a Vienna durante le prove dell'Orlando di Handel: venne e mi disse che l'azione scenica che avevo pensato era perfetta per la musica che Handel aveva scritto... ne fui molto onorata! M: Tuo marito è un cantante lirico e avete già avuto diverse opportunità di lavorare insieme. Per te e Francisco (Francisco Brito, tenore argentino) è un piacere o una difficoltà lavorare sullo stesso palco? :-) S: È complessivamente un piacere, anche se non è sempre facile, ma vorremmo farlo di più. Purtroppo le nostre carriere viaggiano parallele e raramente si incontrano. M: Hai preferenze musicali? Chi sono i tuoi compositori preferiti? Quali opere vorresti mettere in scena nel futuro? Con quali direttori d’orchestra vorresti lavorare? S: Amo il barocco e la musica moderna, mi diverto tra Haendel e Stravinsky, ma il mio amore per l'opera è innato e viscerale, dunque canto a perdifiato (in macchina) tutto il repertorio belcantisico italiano fino a Verdi e Puccini... M: Quali dei tuoi nuovi lavori il pubblico potrà vedere in un futuro vicino, e dove? S: Dopo la recente Butterfly a Trapani e la Nina pazza per amore a Savona, riprenderò una Boheme di Francesco Micheli a Venezia e quest'estate debutterò nuovamente un grande titolo pucciniano, ma ancora top secret! M: A me, mi hai incuriosito! sito ufficiale: www.stefaniapanighini.it Marina Nikolaeva/Lucca-Mosca, novembre 2016 |
||||||||
Copyright (c) 2015-2024 Cittadipuccini.it All rights reserved. |