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"Se noi riusciremo a mettere in piedi una societa' dove ci sono per tutti sia il pane sia le rose, saremo a posto."

Serenella Gragnani

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Nella nostra conversazione, Serenella ha detto che non e' capace di scrivere di cose che non le piacciono. Posso dire lo stesso di me. I protagonisti delle mie interviste sono sempre persone straordinarie, artisti che ammiro.

Tre anni fa ho visto Serenella al Teatro del Giglio nello spettacolo "Stasera decido io", in cui recitava insieme al grande basso Carlo Colombara e di cui era anche una dei registi. Ma ci siamo conosciute personalmente grazie al suo libro "Giu' la maschera. Personaggi a nudo" scritto in collaborazione con il grande cantante lirico Jose Cura. E' un libro che e' interessante non solo per gli appassionati d'opera, tra i quali ci sono anch'io, ma anche per tutti coloro che sono curiosi di conoscere e capire meglio questo genere musicale. L'ho trovato molto interessante e attuale, sopratutto in questo periodo in cui la cultura italiana, e non solo quella, deve sopravvivere a una grande crisi.

La cultura e' sempre anche dentro di noi e i libri come questo ci aiutano ad arricchirla, danno le risposte alle diverse domande e ci aiutano a capire meglio che cos'e' bello o brutto, che cos'e' vero o falso.

Certamente, con Serenella abbiamo parlato molto sopratutto di cultura e di opera. Per me e' stato un grande piacere e onore conoscerla e poter registrare il nostro dialogo. La ringrazio per questa opportunita' e per la sua "arte" e spero che questa intervista sia solo l'inizio di una lunga conversazione dedicata all'opera italiana e al teatro.

Marina: Ho letto su di te tante cose: sei regista, psicologa, scrittrice. Allora, chi e’ Serenella Gragnani? Se ti dovessi presentare, cosa diresti?

Serenella: Io direi che Serenella Gragnani e’ una persona che ama soprattutto la vita. Tutto quello che faccio per lavoro e’ un modo per vivere una vita che mi piace, nella quale credo. Mi piacciono la musica e il teatro e ho cercato di fare un lavoro che mi permettesse di esprimere il mio amore per l'arte, e mi occupo soprattutto di regia d'opera lirica perché l’opera mi piace tanto. Adoro scrivere. Forse e' la caratteristica che mi porto dietro fin da piccola. Posso stare senza tutto ma non senza una penna per prendere appunti. E poi mi interessano le persone, mi affascinano e mi piace capirle. Forse e’ per quello che ho fatto anche la psicologa: mi dava degli strumenti. Pero’ tutto questo fa in modo che io sia Serenella. Quindi la cosa più importante per me e’ la mia vita.

Marina: Noi ci siamo conosciute grazie al tuo libro “Giu’ la maschera. Personaggi a nudo”. Ho trovato molto interessante questo tuo lavoro. Proprio ora in cui la cultura italiana si trova sotto la pressione della crisi, e’ una vera e propria fortuna trovare un libro che parla di una delle cose più belle, la musica, e spiega in modo chiaro e semplice i principi fondamentali dell'opera. E' un gran bel regalo non solo per tutti gli appassionati d'opera ma anche per coloro che amano la musica classica e cercano di capirla meglio. Inoltre, il piacere e' doppio se si sa che questo libro l'hai scritto in collaborazione con Jose Cura. Com’e’ nata l’idea di scriverlo insieme a questo grande tenore e artista?

Serenella: Ti ringrazio per quello che hai detto riguardo al libro. E’ proprio quello che io desidero: che possa portare le persone a capire meglio l’opera. E mi fa piacere che tu abbia colto questo aspetto. Il libro e’ nato un po’ per caso. Nel 2000 ero interessata a fare un lavoro sui personaggi maschili di Puccini. Mi interessavano di piu' di quelli femminili. Sono sempre stata attratta dal maschile perche' e' qualcosa di diverso da me. E per questo motivo chiesi a Cura, che era venuto a cantare a Firenze La cavalleria rusticana e I pagliacci, se era disponibile a concedermi un’intervista sui personaggi pucciniani. E lui fu molto carino e mi disse di si', che non c’era problema, che pero’ in quel momento non poteva e quindi mi propose di vederci a dicembre a Madrid dove avrebbe debuttato nel Trovatore. A me andava bene e quindi lo raggiunsi a Madrid, si fece questa intervista e lui mi disse poi di mandagliela. Invece di mandargliela, io gliela portai a Zurigo dove Cura cantava la Fedora e stava preparando il Don Carlo. L’intervista gli piacque e mi disse: “Guarda, ci voglio pensare su e poi ti faccio una proposta”. La proposta fu quella di fare un libro su di lui insieme a lui. E mi ha fatto molto piacere. Ho accettato ovviamente molto volentieri perche' per me gia' da allora, da quello che avevo visto, Cura era l’insieme di cio' che io intendo per artista lirico: un cantante e un attore. Non sono capace di scrivere su cose e su persone che non mi piacciono. Posso farci un articolo, ma non un libro. E quindi da li’ abbiamo cominciato. Abbiamo cominciato il primo capitolo. E’ stato proprio sul Don Carlo. Tra l’altro in quell’occasione ho incontrato per la prima volta Carlo Colombara, che poi sara' una persona importante della mia vita.

Marina: A proposito di Carlo Colombara, ora stai scrivendo un altro libro proprio assieme a lui. Magari si puo' dire che cosi', all’improvviso, nasce una collana di libri dedicati all’opera, ai personaggi e agli uomini dell’opera.

Serenella: Si', si puo' dire così'. Tra l’altro anche Daniela Dessi mi ha chiesto un libro (sorride). Mi interessa parecchio poter approfondire l’interpretazione anche perche' io ritengo che l’opera non possa esistere se non ci sono dei bravi cantanti a portarla avanti. Per me i protagonisti dell’opera sono i cantanti. Non voglio dire che non siano importanti il direttore d’orchestra e il regista, anche se sono in secondo ordine secondo me. Fondamentale io vedo il cantante perche' poi il messaggio finale passa attraverso di lui. Anche fisicamente, e’ lui che porta in scena l’opera. Per questo mi piace lavorare sui cantanti piu' che sugli altri ruoli.

Marina: Quando hai cominciato a lavorare con dei cantanti al teatro lirico? Com’e’ nata la tua carriera come regista?

Serenella: L’amore per l’opera c'e' sempre stato perche' vengo da una famiglia in cui mio nonno conosceva Puccini, mio babbo aveva una bellissima voce da baritono e da piccolina mi teneva in braccio, mi faceva guardare i fulmini e mi cantava il Rigoletto. Poi ho fatto l’Universita' a Firenze. Mentre stavo finendo l’Universita' mi sono appassionata di danza classica e per 10-15 anni ho seguito Rudolf Nuriev in tutte le sue creazioni. Diciamo che ho sempre avuto amore per lo spettacolo.

Mi piace molto Shakespeare, che per me e’ l’autore per eccellenza. Mi piacciono la danza e l’opera. Per alcuni anni ho fatto la psicologa di professione lavorando molto con la danza terapia e con il teatro. E poi mi e’ stato proposto di essere l'aiuto regista in una produzione della Boheme al Festival Pucciniano. Per quel momento io avevo gia' fatto i miei spettacoli di danza, in cui parlavo anche con il pubblico. Erano un po’ particolari, e c’era appunto il coinvolgimento diretto del pubblico che poi ho riportato nell’opera.

Poi mi e’ venuta la voglia di scrivere un libro e di mettere in piedi degli spettacoli piu' strutturati anche con cantanti di livello come Carlo Colombara e di Massimo Cavalletti. Diciamo sono cose molto conseguenti per me.

Marina: Ora il teatro lirico vive un brutto periodo, non solo in Italia ma soprattutto in Italia. Secondo te a cosa sono dovuti questi problemi?

Serenella: Per quanto riguarda l’Italia credo che il grosso problema sia il decadimento culturale collegato soprattutto a una forma di ignoranza profonda. In Italia non si studia la musica, quindi non si capisce quando si parlano linguaggi diversi. Ci sono delle persone che mettono insieme una canzonetta con un'opera. Sono due cose belle, pero’ tecnicamente non si possono accorpare. Una cosa e’ scrivere un’opera e un'altra cosa e’ scrivere una canzonetta. E' come dire: "Un panino e' molto buono, ma non lo posso paragonare a un piatto ricercato che mi ci vogliono tre ore a farlo". Sono due cose diverse. L’Italia paga proprio un’ignoranza di fondo nel rapporto con la cultura, che sia la musica o la storia dell’arte, che si insegna sempre meno a scuola. E mi dispiace molto dirlo visto che noi siamo il Paese col patrimonio artistico piu' alto, pero' siamo anche uno dei Paesi più ignoranti dal punto di vista culturale. Vai in Austria e vedi molti ragazzini che conoscono la musica e quindi sanno di che cosa parlano. Possono amare il cantautore o il complesso rock, ma amano anche Mozart comprendendone il linguaggio. Io credo che il grosso problema dell’Italia sia questo. Questo ovviamente ha portato anche a un imbarbarimento della nazione. Dal mio punto di vista quando c’e’ un imbarbarimento culturale si arriva anche all'imbarbarimento sociale e politico. E tutto, se vogliamo, e' stato molto calcolato probabilmente, purtroppo. Molto voluto. Persone colte, intelligenti, con tanti strumenti, diventano sempre persone pericolose in una situazione dove c’e’ fame e poverta', anche culturale.

 

 

Marina: Cercando di risvegliare l'interesse per il teatro lirico, ora e' di moda la cosidetta "regia moderna". Pero' questo termine spesso porta un segno negativo piu' che positivo. Che cos'e' la regia moderna e perche' spesso e' brutta?

Serenella: Intanto il teatro lirico ha subito anche dei grossi tracolli economici perche' in Italia hanno rubato il rubabile. Nei nostri teatri lirici non hanno smontato e rubato le sedie perche' era troppo complicato, ma per il resto hanno rubato tutto quello che si poteva rubare. Noi purtroppo siamo una nazione che ha smantellato tutto quello che aveva e la nostra classe dirigente e’ stata una classe sconsiderata e di ladri. Questo te lo dico senza problemi e mi prendo le mie responsabilità. Siamo arrivati poi a pagare delle cifre esorbitanti ai registi soprattutto, e agli scenografi, pensando che il regista fosse il padrone della scena. Abbiamo visto i brutti spettacoli che ha generato questo modo di pensare! Poi c’e’ il discorso che tu mi fai della regia moderna. Comunque la regia d’opera e’ una cosa moderna. Uno dei primi registi d'opera credo sia stato Tito Ricordi, figlio di Giulio Ricordi. Per regia d’opera vera e propria in Italia si pensa a Visconti come primo regista importante. Perche' la regia moderna e’ brutta? Io sono dell’idea che non e’ tanto importante come viene vestito il personaggio, ci deve essere pero' una coerenza con il libretto. Il libretto e’ la bussola che il regista dovrebbe usare per navigare dentro la musica. La vera regia moderna, secondo me, dovrebbe approfondire l'analisi psicologica dei personaggi. A me e’ questo che interessa: arrivare a capire che cosa pensa e prova quel personaggio. Mentre, al contrario, si vedono delle regie in cui purtroppo questo non conta minimamente. Non importa niente a nessuno e io credo che tante volte il regista faccia delle scelte perche' deve giustificare il suo ingaggio, il suo cachet spropositato. Quindi fa delle cose assurde perche' cosi' e' piu' giustificabile che lo paghino un "miliardo". In realta' il regista, dal mio punto di vista, e’ una persona che analizza profondamente libretto e la musica, scava e trova le motivazioni che rendono ancora attuale e affascinante il personaggio al pubblico di oggi, e le propone.

Io ho visto tante prove, perche' ho avuto la fortuna di seguire parecchie messe in scena, e ho visto che tante volte al regista non importa assolutamente niente di lavorare con il cantante. Perche' per lui il cantante e’ un oggetto. Quante volte ti trovi al bar del teatro a prendere un caffe' con qualcuno e senti il regista che dice: “Ma se quel rompimento di scatole di cantante non ci fosse sarebbe meglio”. Anche il direttore d’orchestra talvolta dice la stessa cosa. Ma non si andra' mai da nessuna parte se non si capisce che l’opera e’ un insieme dove si dovrebbe lavorare tutti assieme e si dovrebbe capire che cosa c’e’ nell’anima di quella musica e di quei personaggi. Per me non e’ cosi' importante come lo vesti, Rigoletto, ma come lo fai pensare.

Marina: Probabilmente le persone che ora lavorano nel teatro lirico non conoscono e neanche capiscono l'opera. E' per questo che fanno spesso degli spettacoli orribili?

Serenella: Tante volte, tutti noi artisti siamo abbastanza egocentrici. Ci piace portare avanti il nostro egocentrismo e vogliamo essere i protagonisti. Per essere il protagonista di qualcosa ti scrivi un opera, ti scrivi un libro, ti fai una cosa tutta tua. Il regista non e' il padrone di una cosa tutta sua. E' una persona che dovrebbe mettersi al servizio di chi ha scritto quella musica e quel libretto cercando di interpretare che cosa c'e' li' dentro. Tante volte invece il regista segue una sua visione senza preoccuparsi di vedere se essa e' ancorabile a quella musica e a quella storia. Perche' soltanto cosi' si potra' fare un buon lavoro: cercando una coerenza fra le proprie idee e quelle che sono dentro l'opera, dentro lo spettacolo. E' vero poi che molte volte i registi d'opera sono persone che vengono prestate all'opera da altri mondi, e molto spesso - anche in questo caso - ho sentito dei registi che lavoravano a un'opera non amando la musica. Le persone fanno tante cose, soltanto che, se una donna va a letto con un uomo per denaro viene chiamata prostituta o puttana, un artista invece no. Ma quello ha venduto l'anima, e secondo me e' peggio (sorride).

 

 

Marina: Secondo te c'e' una soluzione per risolvere questo problema? E come si fa a far andare all'opera anche il pubblico giovane?

Serenella: E' difficile risolvere il problema alla radice perche' siamo governati dal Dio denaro, come si dice in Italia. Quando il denaro diventa un Dio, diventa l'elemento fondamentale. Pensa ai personaggi che vengono spacciati per grandi tenori e sono semplicemente dei cantanti di musica leggera. Pensa ai bambini, ai ragazzini, anche loro venduti come grandi artisti, che sono semplicemente dei bambini che hanno bisogno di studiare e di crescere. Pensa invece ai cantanti anziani che magari hanno cantato sempre da tenore e che, pur di non lasciare il palcoscenico, rischiano di proporsi come la zia principessa di Suor Angelica pur di andare avanti. Ci sono grandi direttori d'orchestra che dirigono personaggi da baraccone perche' cosi' prendono tanti soldi, direttori artistici che scritturano delle emerite schiappe perche' sono portate avanti da quella casa discografica. Quindi in realta' noi combattiamo contro questo, combattiamo con delle regole che sono semplicemente le regole del mercato. E' il famoso discorso del re nudo della fiaba di Andersen, in cui solo il bambino ha il coraggio di dire che il re e' nudo. Forse noi dovremmo lavorare su quello: fare in modo che ci siano tanti bambini capaci di vedere le cose per come sono. Quindi dovremmo fare un lavoro culturale, portare a teatro un pubblico di giovani sempre piu' preparati. Proporre anche esperienze come quelle che io cerco di fare: scrivere determinati libri, fare determinati spettacoli e' il mio piccolo modo per dare gli strumenti alle persone, mettere loro degli occhiali affinche' possano vedere quando c'e' un re vestito e quando c'e' un re nudo (sorride).


Marina: Forse e' per questo che e' nata la vostra associazione musicale? Come si chiama e chi l'ha fondata?

Serenella: Si chiama Reset Music (sito ufficiale: http://www.resetart.com/resetmusic) e nasce da un'associazione piu' grande, Reset. Reset Music e' nata proprio dall'incontro mio, di un'appassionata di musica, con Giulio Frugoli, che e' un documentarista che ha girato il mondo facendo documentari soprattutto antropologici, e Carlo Colombara, un grandissimo basso italiano. Ci siamo conosciuti e abbiamo deciso di mettere in piedi un'associazione che potesse lavorare per permettere ai giovani di conoscere sempre di piu' l'opera. Giovani non vuol dire solo giovani d'eta', quindi ragazzi, ma soprattutto persone giovani di spirito. Quindi possono esserci anche degli ottantenni. Diciamo comunque un pubblico nuovo in senso lato a cui offrire degli spettacoli con un determinato taglio, dei libri con un determinato taglio, e anche delle masterclass con un certo tipo di insegnamento. A questa associazione fondata da queste tre persone si sono poi aggiunti altri artisti come Massimo Cavalletti, che e' uno dei migliori baritoni di tutto il mondo; Daniela Dessi, che e' una grandissima soprano; e Fabio Armiliato, anche lui un grande tenore. Recentemente, si stanno aggiungendo Luciana d'Intino, una delle piu' belle voci da mezzosoprano che ci siano, e sicuramente la piu' grande degli ultimi anni, e Alessandro Bertolucci, un giovane attore di cinema. Insieme abbiamo deciso di portare avanti questa avventura creando uno studio che abbiamo aperto a Lucca nel maggio del 2014. Perché a Lucca? Perché e' la città di Puccini, perché Giulio e io siamo di Lucca e fortunatamente anche tutti gli altri amano questa città.

Marina: In quali progetti siete impegnati ora?

Serenella:Vorremo far uscire il libro che ho iniziato con Carlo Colombara per i 30 anni della sua carriera. E' un lavoro che mi sta prendendo molto e che amo moltissimo. Poi verremmo portare il nostro spettacolo "Stasera decido io", con la regia mia e di Giulio Frugoli, sempre piu' in giro per il mondo. Poi, fare delle masterclass. Il 2 gennaio io, assieme a Carlo Colombara e a Fulvio Massa, che e' un altro bravissimo insegnante di tecnica vocale, partiremo per il Brasile, per Florianopolis, per fare la prima esperienza estera del nostro mondo di lavorare. Poi abbiamo un altro grosso progetto: vorremo girare un film qui a Lucca, una Boheme in abiti moderni ma con una tecnica particolare di recitazione, molto curata e approfondita, con dei giovani artisti, che potesse diventare proprio un volano, un modo per far conoscere al grande pubblico che cosa puo' essere ancora oggi una storia come quella di Mimi, di Rodolfo, di Colline vista col cuore di ragazzi giovani: come si puo' essere un giovane artista oggi e quante possibilita' di lavoro si possano avere.

Marina: I giovani talenti ora possono trovare un lavoro in Italia oppure sono costretti ad andare a cercarlo all'estero? Com'e' la situazione in Italia? L'opera e il teatro lirico in Italia hanno futuro, secondo te?

Serenella: Io credo che il futuro c'e' e ci sara' quando gli Italiani decideranno di arrabbiarsi veramente, quando prenderanno maggiormente in mano il loro destino e quindi anche quando la critica ai politici sara' molto più dura e più forte, molto piu' determinata, e tante cose non potranno piu' passare impunemente come stanno passando ancora.

Noi abbiamo avuto uomini politici che hanno potuto affermare quasi impunemente che Pompei e' vecchia, e quindi anche se va a pezzi ci puo' stare. E noi non li abbiamo mandati via con il famoso calcio in c... . Puoi metterlo per iscritto, ti autorizzo proprio a usare questa espressione perche' e' l' unica adatta per queste cose. Nel momento in cui noi Italiani ci renderemo conto che la cultura non e' soltanto una grandissima risorsa economica ma e' anche l'ossatura di un popolo, allora certo che ci sara' un futuro per i giovani artisti! Altrimenti, se non faremo questo cambiamento e non lo faremo presto, un futuro non solo non ci sara' per i cantanti ma non ci sara' proprio per nessuno. Certo, secondo me, i mestieri dell'arte non sono solo i cantanti ma anche i tecnici, gli scenografi e tutti quelli che lavorano dietro le quinte. Sono professionalita' importanti che devono essere formate sempre di piu' e, se non lo facciamo, noi Italiani rischiamo. L'opera e' nata in Italia, in Toscana, a Firenze, e tante volte ce lo dimentichiamo. Magari vengono gli stranieri a ricordarci che l'opera e' nata qui. Ecco, noi rischiamo di perdere completamente questo patrimonio e di fare in modo che nei nostri teatri vengano a lavorare soprattutto persone da fuori perche' hanno una maggiore professionalita', perche' noi, la nostra, la stiamo buttando via. Quindi noi dobbiamo riprendecela non per fare dello sciovinismo (e' giusto che vada avanti chi e' piu' bravo), pero' noi abbiamo il diritto e il dovere di far conoscere la nostra scuola, la scuola italiana perché l'opera e' italiana! Quindi dobbiamo riprenderci questo dominio e dobbiamo lottare per essere sempre piu' bravi, per essere i migliori in questo campo perche' e' il nostro, e quindi dobbiamo per forza farlo. E' ridicolo, e credo che nessuno sia così distruttivo come siamo noi Italiani nei confronti del nostro patrimonio. Te lo dico proprio soffrendo perche' sono italiana, mi fa piacere di essere italiana, sono felice di esserlo perché l'Italia e' bella, perche' abbiamo tante cose e non so come mai siamo cosi' folli nei confronti del nostro patrimonio.

 

 

Marina: Purtroppo la cultura manca anche alla gente, che legge poco la grande letteratura, che guarda dei film orribili. E il problema e' anche dei genitori che parlano poco con i loro figli e non dedicano loro abbastanza tempo: non li portano a teatro, alle mostre, non leggono i classici e non ci discutono insieme. Ma se ognuno di noi fa il suo piccolo, piano piano magari riusciremo anche noi a cambiare qualcosa senza aspettarci troppo dai soli politici. Certamente la cultura non rinasce senza l'aiuto dello Stato, ma la cultura e' anche dentro di noi.

Serenella: Hai proprio ragione. Quando io parlo dei politici penso ai politici come a persone che sono state elette da noi, e questa infatti e' forse la grande tragedia. Perche' non e' che i nostri politici siano stati messi li' dall'alto, non siamo piu' ai tempi degli imperatori, siamo noi che li abbiamo eletti. La situazione diventa quindi come un serpente che si morde la coda. Allora e' giustissimo quello che dici tu: se ognuno di noi si prendesse un piccolo impegno nel suo gruppo (che e' poi fondamentalmente la famiglia) forse riusciremmo a rompere l'omerta'. Quando tutti noi Italiani ci renderemo conto che dobbiamo essere noi a "costringere" i politici ad aprire gli occhi e capire che noi vogliamo altro, forse otterremo il mondo che vogliamo: un mondo giusto, di liberta', d'arte.

Poco tempo fa ho visto un film bellissimo che si chiama "Pride". Racconta di un fatto vero, accaduto negli anni '80 in Gran Bretagna durante il governo della Thatcher. Ci fu uno sciopero di minatori che duro' quasi un anno e, a un certo punto, il governo sequestro' i fondi al sindacato nazionale dei minatori che li sosteneva. Un gruppo organizzato di gay decise allora di dare una mano a queste persone raccogliendo soldi e generi alimentari. Il film e' molto bello perche' mostra, anche in maniera ironica, quanto nonostante le difficolta' a comprendersi (i gay non conoscevano i minatori e i minatori non conoscevano e gay ed erano pieni di preconcetti), l'iniziativa abbia alla fine avuto successo.

Uno dei momenti piu' interessanti, comunque, e' quando durante un'assemblea una ragazza si alza e comincia a cantare una canzone che poi viene ripresa da tutti. E' una canzone molto bella, con due parole che mi hanno colpito tantissimo, perche' a un certo punto dice: "Sono importanti allo stesso modo il pane e le rose. Perche' cosi' come il corpo ha bisogno di pane, l'anima ha bisogno di rose". Per me e' stata una folgorazione. E' vero! Se noi riusciremo a mettere in piedi una societa' dove ci sono per tutti sia il pane sia le rose, saremo a posto.

Marina Nikolaeva /Lucca, dicembre 2014
foto di Marina Nikolaeva e Marco Tomei

 
 
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