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"Essere artisti oggi costa molto, mentre essere fenomeni no" Massimo Cavalletti *** Miei cari lettori, questa volta vi faccio un vero e proprio regalo. È un regalo non solo per voi ma anche per me. Massimo Cavalletti è un artista di fama mondiale che da 10 anni ha una splendida carriera e si esibisce in tutti i più importanti teatri del mondo dalla Scala al Metropolitan di New York. Vorrei ringraziare maestro Cavalletti per aver accettato subito e con grande piacere la mia proposta di fare l'intervista per il "Citta' di Puccini", per la gentilezza dimostrata, per il tempo dedicato e per le risposte sincere. Credo sia una conversazione molto attesa soprattutto dal pubblico russo che ha un grande interesse verso questo bravissimo artista e non sono state pubblicate tante sue interviste in russo. Massimo Cavalletti è un cantante lucchese. Ha iniziato gli studi del canto nella sua città natale con Graziano Polidori. Dalla sua biografia possiamo leggere: "Con il debutto nel ottobre 2004 al Teatro Donizetti a Bergamo ne La parisina (allestimento dell’Accademia di Perfezionamento del Teatro alla Scala) inizia una collaborazione col Teatro alla Scala che lo vede impegnato nelle parti di Figaro (Il barbiere di Siviglia), Schaunard e Marcello (La bohème), Enrico (Lucia di Lammermoor), Paolo Albiani (Simon Boccanegra), Ford (Falstaff), Rodrigo (Don Carlo) ed Escamillo (Carmen). Da 2007 canta con regolarità all'Opera di Zurigo in opere quali La bohème, La juive, Le Cid, Lucia di Lammermoor, Carmen, Simon Boccanegra, Il barbiere di Siviglia, Falstaff, L'elisir d'amore, Poliuto, Le convenienze ed inconvenienze teatrali e Don Carlo. Interpreta inoltre Marcello alla Royal Opera House Covent Garden; Schaunard, Marcello ed Escamillo (Carmen) alla Metropolitan Opera di New York; Escamillo alla Staatsoper di Vienna; Marcello e Ford (Falstaff) al Festival di Salisburgo; Ford e Marcello all' Opera Nazionale Olandese; Enrico a Tokyo, Dresden e Amburgo; Belcore (L'elisir d'amore) al Glyndebourne Festival e a Beijing; Lescaut (ManonLescaut) alla Deutsche Oper Berlin; Paolo Albiani alla Staatsoper di Berlino; Marcello a Bruxelles e Figaro (Il barbiere di Siviglia) ad Amburgo. Tra gli impegni del 2015 spiccano i debutti nei ruoli di Riccardo ne I puritani all'Opera di Firenze e Renato ne Un ballo in maschera a Tel Aviv. Debutta inoltre al Gran Teatre del Liceu di Barcellona (Escamillo in Carmen), alla Royal Opera House di Muscat (Malatesta in Don Pasquale) e con l'Orchestra Sinfonica della Radio Svedese (Ford in Falstaff) e torna all'Opera di Zurigo nei panni di Belcore, a Tokyo in quelli di Ford ed al Teatro alla Scala di Milano per interpretare Escamillo, Figaro (Il barbiere di Siviglia), Marcello e Ford".
Marina: Maestro Cavalletti, La ringrazio per la sua gentilezza e per la possibilità di fare questa intervista. Per me è un grandissimo onore ed è un piacere anche per tutti i miei lettori sia Russi sia Italiani. Il mio sito "Città di Puccini" è dedicato alla sua città natale, Lucca. Su quelle pagine scrivo molto di musica e d'opera. Dalle pubblicazioni su di lei, ho saputo che non aveva mai pensato di diventare un cantante lirico e la scelta di questa strada in un certo senso è stata casuale. La sua infanzia era in qualche modo collegata con la musica? Chi sono stati i suoi maestri? Massimo: Fin dall’età di 6 anni ho iniziato a avvicinarmi alla musica con il canto di coro nella chiesa di Sant’Anna alle porte della città di Lucca. E anche con lo studio del pianoforte e poi dell’armonium. Ben presto ho iniziato a amare la musica ma mai avrei pensato che questa sarebbe stata la mia vita. M: Ha una splendida carriera. Lei si esibisce in tutti i più importanti teatri del mondo. Ai nostri tempi, per avere una carriera, a un cantante lirico bastano talento e bella voce? Basta essere bravo e intelligente per essere invitato dai più famosi teatri del mondo? Se no, di cosa ha bisogno un cantante oggi per diventare famoso e fare carriera? M: Voglio essere chiaro, la Voce è importante ma credo che in ogni tempo anche negli anni d’oro della lirica, la Voce non fosse mai stata la cosa più importante. Ci vuole la TESTA e una grande intelligenza artistica e professionale, bisogna essere vendibili come artisti e come persone e poi certo anche come cantanti. Ci vuole anche molta fortuna e un ottimo manager per gestire al meglio tutti gli affari che certamente non possono essere gestiti dal cantante stesso. Biosogna anche essere attori e interpreti ma questo è sempre stato un grande segno nella storia della lirica. Insomma artisti a 360*, completi. M: Secondo lei, oggi un cantante può rimanere indipendente da una agenzia artistica, dal management, ed essere libero nella scelta del repertorio che canta? M: Non si può assolutamente affrontare una carriera a alto livello senza un manager che segua passo-passo la propria carriera, si deve tenere fede però alla propria individualità, solo il cantante sa quando accettare un ruolo e che ruolo sia bene per la propria voce. Il suo maestro sa consigliare sul repertorio e istruirlo su come affrontare i ruoli. Le cose si devono fare per grado di preparazione e età. Comunque oggi quasi tutti gli artisti del roster almeno quelli di fascia A sono pienamente consapevoli dei ruoli che accettano e spesso sono loro stessi a proporsi per i ruoli che cantano, anche quando sbagliano, lo fanno con consapevolezza. M: Ora nel panorama operistico gli impresari hanno acquisito un ruolo di primo piano e "comandano le danze". Cosa ne pensa? M: Se per impresario si intende il direttore artistico, allora posso dire che hanno sempre fatto la parte del leone, ricorderei il famoso Babaja direttore artistico a Napoli ai tempi del Rossini e anche poi i grandi direttori artistici della Scala o del MET degli anni 70-80. M: Cosa pensa del fatto che non esista più il concetto di "ruolo della voce", ovvero che, nonostante un personaggio sia stato scritto con una voce in mente, nel teatro lirico non venga più seguita la tradizione, e il desiderio del compositore (il tipo di voce che l'autore voleva per il suo personaggio) venga in un certo senso tradito? Se esiste una tradizione e non la si segue, allora in un certo senso non si altera il ruolo del compositore? Oppure no? M: Io sono molto attento a questo aspetto, comunque posso dire che oggi molte scelte sono legate alla vendibilità del prodotto, ci sono fenomeni che vengono e artisti che cantano, i fenomeni durano il tempo di un quinquennio se va bene, gli artisti cantano per 30 anni. Ma essere artisti oggi costa molto, mentre essere fenomeni no. Comunque c’è da dire che è molto difficile trovare le voci di un tempo anche perché oggi non c’è più tempo per crescere, i giovani per sfondare devono cantare cose che gli fanno rischiare la carriera e poi non possono più tornare indietro nel repertorio e se un artista canta per troppi anni un repertorio dopo diviene una routine e gli viene chiesto di cambiare repertorio e allora iniziano i rischi. Insomma oggi non si dà più il tempo a un artista per crescere. Al primo errore ti mettono in seconda fila. M: A lei è successo di rinunciare a ruoli che forse siano stati proposti troppo presto oppure ha rinunciato per un altro motivo? M: Ho rifiutato diverse volte ruoli che erano troppo presto, ma poi in un paio di anni li ho rifatti quando mi stavano bene. Comunque posso dire questo: è importante dire di no ma anche importante provare delle cose specie dopo il 35 perché oggi bisogna avere il coraggio di affrontare le sfide. Imparare a cantare un repertorio ha bisogno di anni allora se voglio essere un “verdiano” a 42 anni devo iniziare a 38 per essere poi pronto per i grandi teatri!
M: Secondo lei, per quale motivo un baritono "leggero" all'inizio della sua carriera decide di cantare il Macbeth? Perché ha questa fretta? Non crede che si corra il rischio di bruciare le tappe, sa come si dice: "il troppo è nemico del bene...". M: Penso di aver già risposto. Molte volte si accettano i ruoli per avere la ribalta e per sfondare nel mondo del teatro. Spesso queste scelte si pagano in età più avanzata. Iniziare e fare carriera cantando ruoli molto drammatici chiude le porte a tutto il repertorio lirico. Dopo 15 o 20 anni di repertorio spinto e dopo aver cantato in tutti i teatri del mondo se uno è fortunato, i teatri non vorranno più quell’artista perché cercheranno altre novità. E le novità ci sono ogni anno, con nuovi giovani pronti a lanciarsi! Allora meglio tenersi le cartucce per l’età matura, e continuare sempre a proporre novità! La novità è la cosa che comanda il mercato di oggi e non solo quello lirico. M: Ma nel perseguimento della novità spesso si perde la qualità. E se oggi non si dà più tempo a un artista per crescere allora il pubblico ha meno possibilità di ascoltare veri e bravi artisti, come quelli degli anni d'oro della lirica. Cioè così l'opera pian piano diventa un vero e proprio business che vera e propria arte. E diventa ancora più difficile vedere uno spettacolo di qualità con un cast fatto dagli artisti dello stesso alto livello. Non e così? M: Nei grandi allestimenti non ci sono grandi disparità tra i protagonisti e quasi mai mi sono trovato a cantare con artisti di basso livello, anzi spesso cantare con grandi artisti rende più grandi anche artisti giovani o con meno esperienza. Quello che forse è sbagliato è lanciare troppo presto giovani in produzioni troppo stressanti o in ruoli che non sono giusti per le loro capacità vocali. Però se guardo indietro alla mia esperienza personale, nel mio primo anno e mezzo di attività ho subito cantato Enrico Asthon al Teatro alla Scala con un cast eccezionale con Jose Bros, Patrizia Ciofi, Giorgio Surian, e Roberto Abbado alla direzione, allora ero subito protagonista in una produzione importantissima. Ci vuole sempre molta attenzione e bisogna valutare caso per caso. Forse oggi dieci anni dopo al mio debutto vedo che c'è sempre più la tendenza al "giovane" o al "bello" senza valutare con obiettività le possibilità vocali del cantante. Questo nel proseguo di una carriera può essere rischioso. Comunque alla fine è sempre il cantante che sceglie e mi accorgo che sempre di più ci sono cantanti che sanno frenare l'impulso e sanno preservare la propria voce. La Voce è la cosa più importante perchè fino a che la Voce è salda allora la carriera è possibile. Senza la salute e la Voce allora non c'è futuro per un artista del canto. M: Massimo, lei da anni abita a Zurigo. Torna spesso a Lucca e per quali occasioni? M: Si abito in Svizzera da quasi 10 anni e per l’esattezza adesso abito in Ticino, torno a Lucca per brevi periodi di vacanza quando non sono impegnato in teatro. Questo significa a volte solo per Natale o per Pasqua e qualche volta ho avuto la fortuna di poter tornare per il mio compleanno in ottobre. E’ capitato anche di poter essere a Lucca per partecipare a qualche evento come è stato da poco quando ho cantato per aiutare il gruppo Parkinson della mia città del quale mi occupo come sostenitore. Ma Vorrei certo passarci più tempo se potessi. Lucca è la città ideale per una vacanza di relax e per godere della bellezza e della calma del territorio. Una città ancora a misura di uomo. Un posto dove ancora si possono curare relazioni personali e godere delle piccole cose di ogni giorno. Amo passeggiare sulle mura e in città specialmente sotto il sole o la sera quando non fa freddo. Oggi anche i sobborghi fuori dal centro storico offrono possibilità di svago anche per i giovani con molti nuovi locali per incontrarsi che non hanno niente da invidiare ai locali alla moda delle grandi città. M: Il mestiere del cantante lirico non è per niente facile. Richiede ad un cantante sia forze morali che fisiche. Nei brevi periodi tra le esibizioni, cosa fa nel tempo libero e cosa l'aiuta a recuperare le forze per le nuove stagioni e i nuovi viaggi? M: Riposare è la migliore arma per cantare bene, riposare non vuol dire solo svagarsi ma vuol dire soprattuto avere la mente libera e rilassarsi, cercando di allontanare lo stress e i pensieri dalla mente. Amo tantissimo andare al mare e passeggiare. Stare al sole e leggere e cucinare. Amo tanto collezionare monete e prendermi il tempo con gli amici che ancora mi rimangono della mia gioventù. M: Mi pare che gli Italiani leggano poco. Invece so che lei adora leggere e legge molto. Qual è l'ultimo libro che l'ha colpita e per quale motivo? M: Amo leggere è vero, adesso poi con questi nuovi e-book mi riesce ancora più semplice perché è facile portare in giro nel mondo tanti libri tutti dentro a un piccolo strumento di lettura che diventa una vera e propria biblioteca. Amo leggere storie “leggere” o thriller o anche storie reali ma un po’ arrangiate, amo molto anche le biografie o le raccolte delle lettere. Ultimamente ho amato rileggere un classico della letteratura italiana del 900, un libro che avevo letto ai tempi del mio diploma tecnico di scuola superiore: Il Piacere di Gabriele D’annunzio. Il Libro mi è stato regalato da una cara amica, ma mi ha risvegliato ricordi antichi e mi ha appassionato come mai prima. Penso che sia una lettura molto interessante da rifare anche da grandi perché può far molto riflettere. Amo molto anche le storie etichettate per bambini perché credo che se i “grandi” leggessero molte più favole forse capirebbero molto di più la vita. Perché potrebbere vedere chiaramente la verità e la morale che ci stà dietro a molte cose che succedono nella vita. M: Secondo lei, cosa manca al teatro lirico di oggi? M: Manca una situazione mondiale stabile e una iniezione di fiducia economica, il teatro non è più visto come una fonte di guadagno da parte degli investitori e molti governi nazionali non investono più in cultura facendo così un grave torto alle generazioni future che si troveranno molto più ignoranti. Il teatro oggi ha tutto quello che ha sempre avuto ma la situazione mondiale e la corsa sfrenata al profitto ha messo il teatro e l’arte che ne viene in una condizione che definirei “lumaca” . I risultati legati agli investimenti nel teatro e nella cultura di qualità si vedono non sui guadagni in soldi ma sul costruire una generazione futura di persone che abbiano principi sani. Principi che non si possono avere solo dallo sfruttamento e dall’arricchimento sfrenato. Ma sono sicuro che questa situazione cambierà ancora tornando presto alla riscoperta di un nuovo “neo-classicismo” anche nel teatro lirico. M: L'opera in Italia ha un futuro oppure i tempi dei grandi direttori d'orchestra e dei grandi cantanti sono passati per sempre? M: L’opera in Italia ha un grande futuro primo perché ci sono tantissimi bravi cantanti registi e direttori d’orchestra anche tra i “giovani” e poi molti tra i meno “giovani” adesso sul panorama internazionale che stanno facendo e continueranno a fare molto bene. Abbiamo la nostra storia nel cuore e nel nostro corpo e abbiamo dalla nostra la parola e la lingua dell’opera italiana che è perfetta in noi. Dobbiamo imparare a presentare al pubblico moderno spettacoli che siano di facile comprensione ma anche che creino stimoli di riflessioni e di crescita culturale. Dobbiamo svecchiare il nostro modo di pensare ma lasciando nelle nostre esecuzioni e interpretazioni la bellezza della nostra storia e della nostra cultura. Vorrei ringraziare Voi per questa opportunità di rispondere a queste belle domande e anche ringraziare tutte le persone che leggeranno questa mia intervista. Vi aspetto a Lucca e in tutti i teatri del mondo! Viva la musica viva la vita. sito ufficiale: www.massimocavalletti.com Marina Nikolaeva/Lucca-Mosca, aprile 2016 |
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